Il premier Matteo Renzi si è recato poco
fa al Quirinale dopo una seduta lampo del consiglio dei ministri (durato solo
una decina di minuti) in cui ha formalizzato la decisione di rassegnare le
dimissioni e di porre fine all’esperienza del suo governo. Il capo
dell’esecutivo dovrebbe riferire al presidente Mattarella la propria decisione
dopo che già in mattinata aveva avuto con lui un confronto di
un’ora per valutare......
le opzioni per affrontare una crisi che
risulti il più indolore possibile. Il presidente Mattarella, dopo l’incontro
del mattino, aveva diramato una nota esortando le forze politiche ad
assumersi le proprie responsabilità e a mettere da parte i rancori creando un
clima di «rispetto reciproco».
Lo scenario
Alla luce delle «scadenze» da rispettare, in primis la legge di Bilancio,
il capo dello Stato potrebbe anche chiedere a Renzi di restare in sella per
condurre in porto, con un iter accelerato, la manovra attesa dall’Europa.
Qualora Renzi accettasse, la crisi sarebbe aperta solo tra qualche giorno. Il
premier uscente potrebbe tuttavia anche ribadire la volontà di lasciare subito,
aprendo così la strada ad un governo tecnico o di scopo che, secondo i rumors,
potrebbe essere affidato al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Altre opzioni sarebbero il
presidente del Senato, Pietro Grasso, o
l’attuale ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.
Le opposizioni
L’ipotesi di dimissioni «congelate» non trova entusiasmi tra i gruppi
dell’opposizione. Viene bocciata nettamente da Forza Italia che, tramite i
capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta, parla di «decisione impraticabile» e
lascia intendere di essere disponibile a «mettere in sicurezza» solo alcune
parti della manovra di bilancio, ma solo se quest’ultima fosse depurata di
«tutte quelle parti che riguardano piccoli e grandi finanziamenti di mero
sapore elettorale che oggi compongono il testo». Deciso il no di Lega, M5S e
Fratelli d’Italia che chiedono invece di tornare immediatamente al voto con
qualunque legge elettorale disponibile. Sul blog di Beppe Grillo, i
parlamentari pentastellati Vito Crimi e Danilo Toninelli suggeriscono di utilizzare
l’Italicum anche per l’elezione del Senato, seppure applicato su base
regionale.
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