Nei prossimi mesi potrebbero
arrivare in
Lombardia altri 4.600 profughi o richiedenti asilo da
ospitare nelle strutture di accoglienza. Secondo la bozza del piano nazionale
di ripartizione, su un totale stimato di 200mila migranti, la
Lombardia dovrebbe ospitarne 28.300 (7.774
solo nel Milanese). Attualmente il sistema di accoglienza ha in carico 175.480
extracomunitari, di cui 23.700 sul territorio lombardo.
E, visto il ritmo degli
sbarchi sulle nostre coste, il traguardo di 200mila non è poi così lontano.
Ieri in Prefettura a Milano si è svolto il Tavolo regionale sull’immigrazione, a cui hanno partecipato
tutti i prefetti lombardi e l’assessore regionale alla Sicurezza e Immigrazione Simona Bordonali. Quest’ultima, rivolgendosi al
prefetto di Milano Luciana Lamorgese, ha chiesto di «farsi portavoce presso il
Governo dei problemi della Lombardia, chiedendo che sul nostro territorio non
vengano più inviati immigrati». Ma sembra un appello destinato a cadere nel
vuoto, visti i numeri previsti.
I criteri di ripartizione del
piano nazionale prevedono che a ogni Comune sotto i 2mila abitanti venga attribuito
un numero fisso di 6 posti. Invece per i Comuni sopra i 2mila abitanti la
distribuzione viene attuata in base ai posti assegnati alla regione di
appartenenza, ma non si può andare sotto il minimo di 6. E alle quattordici
Città metropolitane, tra cui Milano, vengono attribuiti due posti ogni mille
abitanti. Al termine del vertice di ieri, l’assessore Bordonali ha sottolineato
che «finalmente la Regione Lombardia è stata convocata al Tavolo regionale
sull’immigrazione. Non capitava da due anni, nonostante ne avessimo diritto».
Sulla gestione dell’immigrazione, l’esponente della Giunta Maroni ha
attaccato: «Sappiamo che i problemi derivano da una gestione fallimentare a
livello centrale che purtroppo ha ricadute pesanti sui territori. Agli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti
asilo e rifugiati, ndr), per esempio,
ora possono accedere anche coloro che hanno fatto richiesta d’asilo, mentre
prima i posti erano riservati solo a chi era già titolare di protezione
internazionale. Questo crea problemi di gestione, oltre a togliere posti a chi
ha già fatto un percorso ed è effettivamente profugo».
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